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Tutte le case vacanzeAlla scoperta dei tradizionali falò di San Giuseppe: i fucarazz di Castelluccio
Nel ricco panorama delle feste e tradizioni lucane, la festa di San Giuseppe in Basilicata sicuramente occupa uno dei primi posti quanto a partecipazione e devozione. La figura di San Giuseppe, sposo di Maria e padre putativo di Gesù, è molto venerata e lo dimostra l'alto numero di persone che portano il suo nome.
Fino a qualche anno fa, era facile vedere affisso in molte case, soprattutto di persone anziane, un quadro, una stampa o una piccola statua raffigurante San Giuseppe con in braccio il Bambino Gesù a protezione della famiglia e delle persone care, poiché San Giuseppe è il simbolo della famiglia, dell'umiltà e della semplicità e non a caso, lo stesso giorno del Santo coincide con la giornata dedicata ai papà.
Le origini dei tradizionali falò di San Giuseppe si perdono nella notte dei tempi e le ipotesi sono veramente tante; una tra le tante è quella dei falegnami, i quali si affidavano a Lui affinchè non facesse mai mancare loro le commesse e quindi si accendevano i falò in segno propiziatorio per augurare che la natura concedesse abbondante raccolto e che "bruciassero" tutte le negatività.? Il rito, fortemente propiziatorio, nella realtà dei fatti serviva anche a smaltire i diversi rami, le cosiddette "frasche", prodotti dalla potatura degli alberi che si concludeva nel mese di marzo. Era abitudine radunarsi attorno al fuoco e intonare canti o pregare tutti insieme per ringraziare il Signore; non mancava chi, a fine serata, portava via un po' di brace ritenuta "sacra", per portare nella propria casa la benedizione di San Giuseppe.
Ancora oggi si continua a cantare e a ballare accompagnati dal suono dell'organetto, della zampogna o della ciaramella, insieme a del buon vino e piatti tipici del posto come, nel caso di Castelluccio Inferiore, un piccolo centro ai piedi della Valle del Mercure, nel Parco Naturale del Pollino, la festa di San Giuseppe è tradizionalmente molto sentita e le sue origini sono molto antiche.
Anche qui, i “fucarazz”, ossia i tradizionali fuochi che vengono accesi nei diversi punti del paese e alimentati dalle tante fascine di ginestra, vengono accesi la vigilia della festa, il 18 marzo, tra la gioia e la spensieratezza dei tanti abitanti, soprattutto giovani e ragazzi, i quali contribuiscono a mantenere in vita e a tramandare questa festa.
Il "Picciddat", un pane dolce, un tempo uno dei pochi piaceri culinari che la comunità di Castelluccio si concedeva solo nella ricorrenza della festività cristiana della Pasqua, ora invece gustato anche in altri momenti dell'anno. Si tratta di un pane dolce realizzato con farina, zucchero, uova, strutto, latte, limone, lievito madre impastato e composto a forma di corona o di una bocca con al centro un uovo. Nella tradizione locale, il "picciddat" si gusta con la frittata di asparagi, con i salumi e i formaggi tipici del posto, ma anche con marmellate e creme. La mattina di Pasqua, un tempo (alcuni continuano ancora questa antica tradizione) in occasione dello scambio degli auguri, nelle famiglie di Castelluccio Inferiore si mangiava insieme il "Picciddat" con frittata e salsiccia in segno di grande unione e comunione.